giovedì 6 novembre 2014

A Devil in Paris - How to make a Devil

Per tutta la durata della mia permanenza a Parigi, la presenza della madre di Castiel fu quasi una cosa abituale per me. Veniva a trovarmi anche per il più ridicolo motivo che le venisse in mente. Me la ritrovavo dietro la porta quando comprava qualcosa di nuovo e voleva farmi vedere quanto le stesse bene, o farsi convincere che non le stesse male. Quando provava un gusto particolare di gelato, per dirmi che dovevo assolutamente assaggiarlo. Quando suo figlio non le rivolgeva abbastanza attenzioni, per lamentarsi di quanto si sentisse frustrata.
E parlava così tanto. Davvero, tanto. Non mi dava il tempo di rispondere alle sue domande, perché ipotizzava ad alta voce le mie risposte. E le sue domande diventavano ogni giorno più imbarazzanti per me.
"Riesci a soddisfare mio figlio con quel corpicino gracile? Be', forse sarai più semplice da maneggiare. Solo, mi domandavo... sei così piccola, le posizioni non saranno un po' limitate? Be', forse conoscerai altri modi per farlo divertire. Dio, la monotonia sotto le lenzuola è terribile."
Imparai a non arrossire più. L'unico modo per impedirle chiedermi dettagli sulla mia vita sessuale era farla parlare a lungo, tanto a lungo da stancarla. E c'erano due argomenti sui quali Mami aveva sempre molto da dire: Castiel e suo padre.
"Come ha conosciuto Gabriel December?" le domandai per salvarmi, una volta.
Il suo sguardo divenne immensamente triste.
"Gabriel..." mormorò assorta, "Non avrei mai sognato di incontrarlo. Ero solo una ragazzina, forse più giovane di te. Mi sembrò... il sole. Mi trattava così bene, e non avevo mai visto un vero giornalista in vita mia. Venne nel locale in cui lavoravo insieme al suo cameraman, mi puntò gli occhi addosso e mi diede un sacco di soldi prima ancora che mi levassi la maglietta. E poi cominciò con i complimenti, e mi chiese cosa ci facessi lì, e... tutte le solite cose che gli uomini fanno per portarsi le ragazze stupide a letto."
Sorrisi ironicamente tra me e me. Trattarmi bene? Ricoprirmi di complimenti? Castiel non lo aveva mai fatto, eppure ero finita nel suo letto lo stesso. Forse non ero stupida, pensai, ero una completa idiota.
"Mi promise che mi avrebbe portata via." continuò a raccontare Mami. "E io ci cascai con tutte le scarpe. Mi offrì la cena in un ristorante. Io non ci ero mai entrata in un ristorante vero, capisci? Ero convinta che mi amasse... e sono rimasta incinta." sbuffò nervosamente e aggiunse, "Mi chiese di abortire. Lo mandai a farsi fottere in quel momento. Decisi di tenere il bambino perché volevo un pezzo di lui con me, per sempre. E in cambio, lui mi abbandonò senza neanche avvertirmi."
La sua storia mi trascinò al punto che le chiesi di andare avanti.
"Poi, quando è nato il mio Castiel, l'ho cercato. Volevo che desse il suo cognome a suo figlio e infondo speravo che ci saremmo sposati, e saremmo stati felici, e... le solite cose che le ragazze stupide pensano, quando vengono ingannate da qualcuno. Non so come, ma riuscii a convincerlo. Forse gli facevo solo pena. Ma comunque, Gabriel se ne andò lo stesso, fece richiesta per l'affidamento di suo figlio qualche tempo dopo e il tribunale glielo concesse senza alcuna obiezione."
Fu quella volta che capii che, a parte gli occhi e la faccia tosta, Castiel non aveva ereditato nulla dal padre. Era strano, eccentrico, presuntuoso, ma lo conoscevo abbastanza bene da sapere che non era cattivo. Almeno non con me. Non avrebbe mai fatto nulla di così terribile nei miei confronti, ne ero certa.
"Castiel non è così." mi sfuggì inavvertitamente.
"Lo so." mi rispose Mami. "Se non stai ancora affogando la depressione nell'alcol è perché mio figlio è un uomo migliore di suo padre. È intelligente, responsabile, generoso... e dannatamente bellissimo."
Mi alzai per scacciare una lacrima di commozione che minacciava di rivelare alla terribile Mami tutta la mia debolezza e andai ad aprire la finestra. Dovetti sembrarle impazzita, perché stava diluviando.
"Che bel temporale!" esclamò lei stirando le braccia.
Io guardai i nuvoloni grigi e minacciosi, pensando a quando lui sarebbe finalmente tornato a casa.
"Già... È davvero bellissimo."

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