Ovviamente, ero io ad occuparmi di tutte le faccende di casa per Castiel. Pulizie, cucina, bucato: di giorno ero una badante, di pomeriggio l'animaletto da compagnia di Mami, e la sera, per tutta la notte e fino al mattino, finalmente, l'amante di Castiel.
Era impossibile che una persona come me non combinasse guai, ma cercavo di stare attenta, perché non riuscendo a pronunciare una sola parola in francese, non avrei saputo come chiedere aiuto.
Purtroppo, per quanto potessi essere prudente, c'erano cose che accadevano a prescindere, e non potevo fare nulla per evitarle.
La lavanderia si trovava al piano di sotto del nostro appartamento. Ogni volta che scendevo le scale, qualche indumento cadeva dalla mia cesta, e rischiando di rotolare giù per i gradini, mi chinavo a raccoglierlo. Finché si trattava delle camicie e delle giacche di Castiel, non mi preoccupavo più di tanto, ma è capitato spesso che i vicini notassero i miei completini succinti, e qualcuna di quelle cosette che Castiel mi regalava perché le indossassi apposta per lui. Era sempre così imbarazzante. Non sapevo cosa dire, e se anche mi fosse venuta in mente una risposta intelligente, non avrei saputo tradurla. Così sorridevo, recuperavo merletti, nastri, reggicalze e babydoll e continuavo per la mia strada, lasciando che i vicini mi credessero una sorta di maniaca sessuale.
E così, un giorno accadde uno di quegli eventi inevitabili. Vidi per la prima volta l'inferno, ed era fatto di acqua e bolle di sapone.
Non so bene cosa successe. Misi i vestiti nella lavatrice come al solito, poi il detersivo, la chiusi e l'avviai. Niente di più semplice. L'avevo fatto centinaia di volte.
Quella macchina infernale, però, cominciò prima a borbottare, poi a sussultare, e a emettere strani suoni e rumori, fino a che sentii scorrere dell'acqua, e prima che realizzassi cosa stava succedendo, il pavimento era diventato un prato di schiuma pericolosamente scivoloso. Mi avvicinai alla lavatrice con cautela, pensando di spegnerla, di rimediare, o perlomeno di interrompere quella produzione in massa di bolle, ma mi ritrovai per terra, supina, e con il mento dolorante: ero scivolata, e mi ero anche fatta male. Strisciai sulle ginocchia, raggiunsi la lavatrice, mi misi a premere dei tasti a caso per farla smettere, e non ottenni nessun risultato. L'acqua sgorgava copiosa, la schiuma aumentava di volume, e ogni volta che provavo ad alzarmi scivolavo di nuovo. Era un incubo. Presi il mio cellulare per chiamare aiuto prima che il piano di sotto si allagasse completamente. E chi avrei potuto chiamare? Non conoscevo nessuno. Mi toccò disturbare Castiel durante uno dei suoi incontri, e sperare che mi rispondesse, che mi desse una mano e che non si infuriasse troppo.
Con mia sorpresa, mi rispose preoccupato.
"Cosa è successo, Emily?"
"Ho bisogno di aiuto, sto annegando!" gli dissi in preda al panico.
"Cos... Aspetta, come sarebbe a dire che stai annegando?!"
"Non lo so, la lavatrice è impazzita, sono bloccata in un mare di schiuma!"
"Ok, ascolta. Dovrebbe esserci un cartellino sul lato della lavatrice, con il numero del centro assistenza. Leggilo ad alta voce e li chiamerò io."
"Ok."
Mi alzai goffamente, appesantita dai miei stivali inzuppati d'acqua, e vidi le mie gambe già segnate dalle cadute. Presto avrei avuto dei lividi spaventosi. Cercai qualcosa a cui reggermi, raggiunsi il lato della lavatrice e fissai quello che rimaneva di un adesivo sbiadito per decifrare il numero.
"Ci sono!" dissi trionfante, "Allora, il numero è... Ah!"
"Emily?!"
"Ahi..."
"Maledizione, che diavolo stai combinando?!"
"Sono caduta di nuovo. Che male..." piagnucolai affranta e frustrata.
"Va bene, ho capito. Resta dove sei."
"Eh?"
"Sto arrivando, perciò non muoverti da lì."
Non mi diede il tempo di scusarmi, né di ringraziarlo. Mise giù la chiamata ed io rimasi con il cellulare tra le mani, circondata da bolle di sapone che sembravano volermi seppellire. Sperai che non ci fosse traffico, che lui arrivasse in fretta, e così fu.
Lo vidi spuntare sulla soglia della porta, agitato e stupito. Prima mi guardò con tenerezza, ma subito dopo esplose in una risata derisoria. Cominciò a camminare verso di me, con un equilibrio invidiabile, poggiando i palmi delle mani lungo le pareti, mentre io tendevo le braccia verso di lui, aspettando che mi salvasse. Mi sentivo così ridicola.
Mi aiutò ad alzarmi, e per poco non finimmo entrambi per terra. Mi aggrappai saldamente a lui e in un modo o nell'altro riuscii a venire fuori da quell'inferno, gocciolante e infreddolita.
Lui guardò la sua preziosa maglietta griffata marchiata irrimediabilmente dalle mie mani intrise di sapone e scosse la testa, poi fissò lo sguardo su di me.
"Non preoccuparti, le macchie verranno via." lo tranquillizzai.
Ignorò del tutto la mia frase, e invece mi chiese:
"Ti sei fatta male?"
"Solo un po'." risposi mostrando il mio polpaccio che stava già iniziando a gonfiarsi.
Castiel fece una smorfia.
"Ah... Andiamo di sopra, tutto questo detersivo mi sta facendo venire il mal di testa."
Mi aiutò a stendermi sul divano appena fummo in casa, mi portò un asciugamano, insolitamente gentile e premuroso. Fece un paio di telefonate delle quali non compresi nulla, e si voltò a guardarmi mentre cercavo di asciugarmi. Mi venne vicino senza dirmi una parola, si mise sopra di me e mi guardò severamente.
Ero confusa. Mi era saltato addosso o voleva solo sgridarmi?
Ancora in silenzio e sotto il mio sguardo dubbioso, si tirò via la maglietta lasciandomi imbambolata.
"Castiel..."
"Sì, lo so, dovrei preoccuparmi e prendermi cura di te, ma spiegami come posso resistere davanti a una ragazza tutta bagnata."
Mi spogliò impaziente, come un bambino affamato avrebbe scartato un dolce.
Pensai che fosse davvero un'ottima ricompensa, lasciarmi accarezzare dalle sue mani sublimi dopo le scivolate che avevo preso poco prima, e mentre già pregustavo il momento in cui l'avrebbe fatto, e subivo i suoi baci caldi e violenti, qualcuno suonò alla porta.
"Che facciamo?" chiesi.
"Ignoriamolo."
Scese sul mio seno, sul mio addome, e di nuovo il campanello trillò, insistentemente.
"Castiel, forse dovremmo..."
"Silenzio, se ne andrà."
E invece, non se ne andò. Quella persona cominciò a suonare a ripetizione, e non mostrava alcuna intenzione di arrendersi.
"Dio, odio quando ci interrompono." si lamentò lui, tirandosi su.
Sbuffò, si mise in piedi, e mentre richiudeva i bottoni dei suoi jeans, il campanello continuava a trapanare i nostri timpani.
"Un attimo!" gridò contro la porta.
Mi rimisi in ordine anch'io, e lui andò ad aprire infuriato e a torso nudo, infischiandosene delle buone maniere e di chiunque si trovasse lì fuori.
Sentii quella voce... e d'istinto premetti un palmo sul mio viso.
"Oh, Castiel, cosa ci fai qui a quest'ora? E perché ci avete messo così tanto a rispondere? Mi stavo preoccupando, pensavo che Emily fosse morta!"
"Mamma..." mormorò a denti stretti. "Che cosa vuoi?"
"Niente, passavo di qui per caso, e allora..." spiegò vagamente Mami, spingendo di lato il figlio e introducendosi presuntuosamente in casa. Vidi cosa aveva in mano e trasalii.
Sventolò in aria un paio di mutandine minuscole di tulle arricciato, forse tra le più imbarazzanti del mio guardaroba e mi domandò:
"A proposito, ho trovato queste sulle scale. Sono tue, vero? Oh, ma certo che sono tue, conosco i gusti di mio figlio. Dovete fare più attenzione, santo cielo!" continuò, come se volesse sgridarci entrambi. "Capisco la passione travolgente, ma sulle scale... è così sporco, rischiate di prendere un'infezione!"
Se io avevo raggiunto il limite della mia vergogna, Castiel aveva ampiamente superato quello della sua pazienza. Scuro in volto, tenne la porta aperta e sibilò:
"Mamma... Vattene. Ora."
Mami si guardò intorno spaesata, si finse ingenua, fissò gli occhi sul divano e si mise una mano davanti alla bocca.
"Ho interrotto qualcosa, forse?"
"Sì." rispose lui senza pietà.
"Oh... allora tornerò tra mezz'ora, va bene?"
"No, per niente."
"Tra un'ora? Non vi basta un'ora?"
"Fuori di qui!"
"Va bene, va bene. Quanto sei permaloso."
La situazione mi faceva venire un po' da ridere, ma sapevo che se anche avessi osato sogghignare, Castiel si sarebbe arrabbiato. Ripensai alle parole di Mami, e mi assalì un dubbio.
"Castiel... come fa tua madre a conoscere i tuoi gusti, esattamente?"
"È una storia lunga."
"E non me la racconterai, vero?"
"Non oggi."
Era impossibile che una persona come me non combinasse guai, ma cercavo di stare attenta, perché non riuscendo a pronunciare una sola parola in francese, non avrei saputo come chiedere aiuto.
Purtroppo, per quanto potessi essere prudente, c'erano cose che accadevano a prescindere, e non potevo fare nulla per evitarle.
La lavanderia si trovava al piano di sotto del nostro appartamento. Ogni volta che scendevo le scale, qualche indumento cadeva dalla mia cesta, e rischiando di rotolare giù per i gradini, mi chinavo a raccoglierlo. Finché si trattava delle camicie e delle giacche di Castiel, non mi preoccupavo più di tanto, ma è capitato spesso che i vicini notassero i miei completini succinti, e qualcuna di quelle cosette che Castiel mi regalava perché le indossassi apposta per lui. Era sempre così imbarazzante. Non sapevo cosa dire, e se anche mi fosse venuta in mente una risposta intelligente, non avrei saputo tradurla. Così sorridevo, recuperavo merletti, nastri, reggicalze e babydoll e continuavo per la mia strada, lasciando che i vicini mi credessero una sorta di maniaca sessuale.
E così, un giorno accadde uno di quegli eventi inevitabili. Vidi per la prima volta l'inferno, ed era fatto di acqua e bolle di sapone.
Non so bene cosa successe. Misi i vestiti nella lavatrice come al solito, poi il detersivo, la chiusi e l'avviai. Niente di più semplice. L'avevo fatto centinaia di volte.
Quella macchina infernale, però, cominciò prima a borbottare, poi a sussultare, e a emettere strani suoni e rumori, fino a che sentii scorrere dell'acqua, e prima che realizzassi cosa stava succedendo, il pavimento era diventato un prato di schiuma pericolosamente scivoloso. Mi avvicinai alla lavatrice con cautela, pensando di spegnerla, di rimediare, o perlomeno di interrompere quella produzione in massa di bolle, ma mi ritrovai per terra, supina, e con il mento dolorante: ero scivolata, e mi ero anche fatta male. Strisciai sulle ginocchia, raggiunsi la lavatrice, mi misi a premere dei tasti a caso per farla smettere, e non ottenni nessun risultato. L'acqua sgorgava copiosa, la schiuma aumentava di volume, e ogni volta che provavo ad alzarmi scivolavo di nuovo. Era un incubo. Presi il mio cellulare per chiamare aiuto prima che il piano di sotto si allagasse completamente. E chi avrei potuto chiamare? Non conoscevo nessuno. Mi toccò disturbare Castiel durante uno dei suoi incontri, e sperare che mi rispondesse, che mi desse una mano e che non si infuriasse troppo.
Con mia sorpresa, mi rispose preoccupato.
"Cosa è successo, Emily?"
"Ho bisogno di aiuto, sto annegando!" gli dissi in preda al panico.
"Cos... Aspetta, come sarebbe a dire che stai annegando?!"
"Non lo so, la lavatrice è impazzita, sono bloccata in un mare di schiuma!"
"Ok, ascolta. Dovrebbe esserci un cartellino sul lato della lavatrice, con il numero del centro assistenza. Leggilo ad alta voce e li chiamerò io."
"Ok."
Mi alzai goffamente, appesantita dai miei stivali inzuppati d'acqua, e vidi le mie gambe già segnate dalle cadute. Presto avrei avuto dei lividi spaventosi. Cercai qualcosa a cui reggermi, raggiunsi il lato della lavatrice e fissai quello che rimaneva di un adesivo sbiadito per decifrare il numero.
"Ci sono!" dissi trionfante, "Allora, il numero è... Ah!"
"Emily?!"
"Ahi..."
"Maledizione, che diavolo stai combinando?!"
"Sono caduta di nuovo. Che male..." piagnucolai affranta e frustrata.
"Va bene, ho capito. Resta dove sei."
"Eh?"
"Sto arrivando, perciò non muoverti da lì."
Non mi diede il tempo di scusarmi, né di ringraziarlo. Mise giù la chiamata ed io rimasi con il cellulare tra le mani, circondata da bolle di sapone che sembravano volermi seppellire. Sperai che non ci fosse traffico, che lui arrivasse in fretta, e così fu.
Lo vidi spuntare sulla soglia della porta, agitato e stupito. Prima mi guardò con tenerezza, ma subito dopo esplose in una risata derisoria. Cominciò a camminare verso di me, con un equilibrio invidiabile, poggiando i palmi delle mani lungo le pareti, mentre io tendevo le braccia verso di lui, aspettando che mi salvasse. Mi sentivo così ridicola.
Mi aiutò ad alzarmi, e per poco non finimmo entrambi per terra. Mi aggrappai saldamente a lui e in un modo o nell'altro riuscii a venire fuori da quell'inferno, gocciolante e infreddolita.
Lui guardò la sua preziosa maglietta griffata marchiata irrimediabilmente dalle mie mani intrise di sapone e scosse la testa, poi fissò lo sguardo su di me.
"Non preoccuparti, le macchie verranno via." lo tranquillizzai.
Ignorò del tutto la mia frase, e invece mi chiese:
"Ti sei fatta male?"
"Solo un po'." risposi mostrando il mio polpaccio che stava già iniziando a gonfiarsi.
Castiel fece una smorfia.
"Ah... Andiamo di sopra, tutto questo detersivo mi sta facendo venire il mal di testa."
Mi aiutò a stendermi sul divano appena fummo in casa, mi portò un asciugamano, insolitamente gentile e premuroso. Fece un paio di telefonate delle quali non compresi nulla, e si voltò a guardarmi mentre cercavo di asciugarmi. Mi venne vicino senza dirmi una parola, si mise sopra di me e mi guardò severamente.
Ero confusa. Mi era saltato addosso o voleva solo sgridarmi?
Ancora in silenzio e sotto il mio sguardo dubbioso, si tirò via la maglietta lasciandomi imbambolata.
"Castiel..."
"Sì, lo so, dovrei preoccuparmi e prendermi cura di te, ma spiegami come posso resistere davanti a una ragazza tutta bagnata."
Mi spogliò impaziente, come un bambino affamato avrebbe scartato un dolce.
Pensai che fosse davvero un'ottima ricompensa, lasciarmi accarezzare dalle sue mani sublimi dopo le scivolate che avevo preso poco prima, e mentre già pregustavo il momento in cui l'avrebbe fatto, e subivo i suoi baci caldi e violenti, qualcuno suonò alla porta.
"Che facciamo?" chiesi.
"Ignoriamolo."
Scese sul mio seno, sul mio addome, e di nuovo il campanello trillò, insistentemente.
"Castiel, forse dovremmo..."
"Silenzio, se ne andrà."
E invece, non se ne andò. Quella persona cominciò a suonare a ripetizione, e non mostrava alcuna intenzione di arrendersi.
"Dio, odio quando ci interrompono." si lamentò lui, tirandosi su.
Sbuffò, si mise in piedi, e mentre richiudeva i bottoni dei suoi jeans, il campanello continuava a trapanare i nostri timpani.
"Un attimo!" gridò contro la porta.
Mi rimisi in ordine anch'io, e lui andò ad aprire infuriato e a torso nudo, infischiandosene delle buone maniere e di chiunque si trovasse lì fuori.
Sentii quella voce... e d'istinto premetti un palmo sul mio viso.
"Oh, Castiel, cosa ci fai qui a quest'ora? E perché ci avete messo così tanto a rispondere? Mi stavo preoccupando, pensavo che Emily fosse morta!"
"Mamma..." mormorò a denti stretti. "Che cosa vuoi?"
"Niente, passavo di qui per caso, e allora..." spiegò vagamente Mami, spingendo di lato il figlio e introducendosi presuntuosamente in casa. Vidi cosa aveva in mano e trasalii.
Sventolò in aria un paio di mutandine minuscole di tulle arricciato, forse tra le più imbarazzanti del mio guardaroba e mi domandò:
"A proposito, ho trovato queste sulle scale. Sono tue, vero? Oh, ma certo che sono tue, conosco i gusti di mio figlio. Dovete fare più attenzione, santo cielo!" continuò, come se volesse sgridarci entrambi. "Capisco la passione travolgente, ma sulle scale... è così sporco, rischiate di prendere un'infezione!"
Se io avevo raggiunto il limite della mia vergogna, Castiel aveva ampiamente superato quello della sua pazienza. Scuro in volto, tenne la porta aperta e sibilò:
"Mamma... Vattene. Ora."
Mami si guardò intorno spaesata, si finse ingenua, fissò gli occhi sul divano e si mise una mano davanti alla bocca.
"Ho interrotto qualcosa, forse?"
"Sì." rispose lui senza pietà.
"Oh... allora tornerò tra mezz'ora, va bene?"
"No, per niente."
"Tra un'ora? Non vi basta un'ora?"
"Fuori di qui!"
"Va bene, va bene. Quanto sei permaloso."
La situazione mi faceva venire un po' da ridere, ma sapevo che se anche avessi osato sogghignare, Castiel si sarebbe arrabbiato. Ripensai alle parole di Mami, e mi assalì un dubbio.
"Castiel... come fa tua madre a conoscere i tuoi gusti, esattamente?"
"È una storia lunga."
"E non me la racconterai, vero?"
"Non oggi."
Ciao sono troppo curiosa quando pubblicherai il libro? Grazie
RispondiEliminaCiao Sonia! Grazie di aver letto il mio blog.
EliminaIl romanzo di Charming Devil può essere acquistato qui http://www.amazon.it/Charming-Devil-I-M-Another-ebook/dp/B00NMQFHHA e si tratta del primo volume. Il secondo volume è in lavorazione (lo sto scrivendo proprio adesso!), procede a ritmo costante e lo pubblicherò quanto prima. I brani che trovi sul blog con l'etichetta "A Devil in Paris" sono un diario della protagonista, che racconta cosa è successo tra la fine del primo volume e l'inizio del secondo, in modo da colmare quel vuoto temporale.
Spero che ti piaccia la lettura. Puoi seguirmi su Facebook per avere anticipazioni, ti aspetto! Buona giornata :)