Quando siamo arrivati a Parigi, Castiel non era affatto entusiasta. Mentre il nostro aereo atterrava, lui stava sonnecchiando annoiato dalle ore di viaggio.
Siamo scesi, e non appena ho poggiato i piedi a terra, ho avvertito una stranissima sensazione di vuoto. Intorno a me, tutti parlavano una lingua che non conoscevo, non capivo cosa era scritto sui cartelli, non distinguevo le insegne dei negozi. Avevo una paura tremenda di perdermi. Davanti a noi, c'era un uomo con la sua bambina. Vidi la piccola spaventata e spaesata, proprio come lo ero io, aggrapparsi al braccio del padre e stringerlo forte. Istintivamente, feci la stessa cosa. Castiel non aveva l'aria dolce e paziente di quell'uomo, era svogliato e sbadigliava, ma mi trasmetteva sicurezza.
Lui sapeva già dove andare, era perfettamente orientato, parlava il francese in un modo tanto naturale che mi chiesi per quanti anni lo avesse studiato. Così, incuriosita, gli domandai:
"Sei già stato qui?"
"Ci vengo più o meno una volta all'anno."
"Oh... Quindi è qui che passi le tue vacanze."
"Non esattamente. Vengo a trovare una persona."
"Chi?"
Mi fissò infastidito per alcuni secondi, poi sogghignò.
"Ah, tanto sarebbe inutile nasconderlo." rispose. "Mia madre."
"Non parli mai di lei." mi sfuggì distrattamente.
Lui rise, mi cinse le spalle e disse:
"Non c'è bisogno che ti parli di lei, tra poco la conoscerai di persona."
Sbiancai in volto. Se solo provavo a immaginare che tipo di donna avesse potuto generare un ragazzo come Castiel, mi venivano in mente figure spaventose, quasi mitologiche. Una strega, un'imperatrice despotica, una di quelle matrigne malvagie delle favole.
Ancora non sapevo che quella persona che mi accingevo a incontrare era molto, molto più terrificante di quello che pensavo. Il suo nome mi fa tutt'ora tremare fin dentro le ossa. Cassandra, o come la chiamano tutti, Mami.
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